CONSULENZE E MEDIAZIONE

Quali sono le attività dello studio?

Mediazione

Scegli il tipo di mediazione di cui hai bisogno:

Valutazione Psicodiagnostica

Presso il centro Nostos è possibile approfondire la conoscenza del proprio funzionamento psicologico attraverso la somministrazione di test psicodiagnostici scelti dall’operatore psicologo in grado di saper somministrare e leggere i risultati delle risposte, processi per i quali bisogna essere formati e specializzati.

La valutazione psicodiagnostica può essere finalizzata a scopi differenti: nel caso di procedimenti giudiziari, nei casi di separazione e divorzio, nella valutazione di disturbi specifici dell’apprendimento scolastico etc…

Perizia psichiatrica CTP - Valutazione del danno psichico

“All’interno del processo civile o penale il giudice può formulare dei quesiti di ordine psicologico-relazionale o psichiatrico. In questi casi, dopo aver nominato i Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU), le parti possono nominare un Consulente Tecnico di Parte al fine di vigilare sulla correttezza delle operazioni di valutazione effettuate dal CTU.

E’ presupposto fondamentale che lo psicologo o il medico psichiatra nominati CTP abbiano maturato con l’esperienza competenze specifiche in ambito giuridico, in quanto le sole conoscenze professionali non garantirebbero l’esercizio di una consulenza di parte efficace.”

Lo studio Nostos è specializzato nell’offrire perizie psicologiche e psichiatriche in ambito giuridico, e ha maturato l’esperienza necessaria a garantire la difesa della verità anche in sede di un contenzioso legale.

Alcuni dei casi in cui il ruolo del CTP può divenire necessario e in cui possiamo procedere nella perizia:

Hai bisogno di una valutazione psicodiagnostica o di una perizia CTP?

Mediazione Familiare - Senigallia

“La Mediazione è uno degli strumenti più efficaci, promosso dalla Comunità Europea come “strumento di pace” in vari ambiti della convivenza sociale, per gestire meglio i conflitti in famiglia e nella società.

Nei Servizi sociali consultoriali, in questi ultimi anni, è cresciuto il numero di richieste di aiuto legate ai disagi di adulti e bambini conseguenti a separazioni conflittuali. Nel corso di questi processi, che vengono spesso chiamati “mediazione familiare”, le parti sono invitate a riallacciare il dialogo, così evitando lo scontro; le parti stesse scelgono il metodo di risoluzione della controversia, svolgendo un ruolo particolarmente attivo per tentare di trovare da sole la soluzione più appropriata..”

Mediazione familiare non vuol dire scendere a compromessi, o rinunciare a un diritto, ma aiutare le parti in conflitto a trovare in loro stessi buoni motivi per continuare a dialogare, talora prevenendo la violenza e alleviando i dolori di chi non riesce più a vedere una diversa via d’uscita, ed è quindi una tecnica di “interpretazione delle differenze” carica di creatività, di innovazione sociale, perché richiede al mediatore ed ai “contendenti” la capacità di desiderare e far desiderare uno scenario diverso da quello che oggi li vede in lotta, trovando soluzioni concordate e condivise.

La mediazione familiare:

La Sezione di Nostos – Co.Me.Te (Consulenza Mediazione Terapia) fornisce dei servizi di Mediazione Familiare Sistemica in casi di separazione coniugale e di divorzio, che vengono condotti cercando di danneggiare il meno possibile i membri della famiglia e di assicurare ai figli la tutela dei loro diritti nei confronti dei genitori.

Con la nostra mediazione familiare non si evita il conflitto, ma si lavora sul conflitto rendendolo produttivo, non distruttivo.

La mediazione familiare viene condotta in modo tale che nessuno ne esca perdente – uno dei coniugi non dovrebbe vincere a scapito dell’altro.

Mediazione Scolastica - Senigallia

La “mediazione scolastica” nasce dalla consapevolezza che è necessario costruire una cultura della mediazione a partire dalla scuola.

I fenomeni aggressivi sono in aumento e sono di diverso tipo, comprendono comportamenti che creano disagi all’interno delle classi innescando una cultura della violenza e della sopraffazione fino ad arrivare a vere e proprie persecuzioni dei più deboli come nel caso del bullismo.

La mediazione scolastica non è solo una procedura per la soluzione di conflitti a scuola, ma una cultura diversa di relazione. Essa, viene considerata come una tra le tecniche più idonee capace di attivare il comportamento prosociale.

La peer mediation o “mediazione tra pari” ha come base l’apprendimento cooperativo e come pregio quello di restituire agli alunni la competenza per affrontare conflitti e difficoltà relazionali: gli permette di imparare a gestire i contrasti, dà loro le parole per parlare delle emozioni. Chiede anche di essere creativi nel trovare loro stessi soluzioni diverse dalla sopraffazione o rinuncia, in pratica provoca il self-empowerment della comunità scolastica.

Mediazione Aziendale - Senigallia

“Nello scenario culturale attuale assistiamo sempre più spesso alla forte ambivalenza e/o dicotomia che nasce nei confronti del conflitto e della sua gestione. Da un lato la presenza di una cultura pacifista, all’interno della quale il conflitto viene considerato essenzialmente per i suoi lati distruttivi, dall’altro l’esaltazione dell’uomo rambo che si rapporta in termini di forza con la realtà e fa del conflitto il suo habitat naturale. La cultura pacifista e la cultura dell’uomo rambo hanno però un immaginario in comune: entrambi condividono che il conflitto abbia, come unica via d’uscita o di evoluzione, la violenza. Per questa ragione, mentre la corrente pacifista fa di tutto per evitarlo, la corrente dell’uomo rambo si addestra per uscirne vincitore (Busso P., 1997).”

La presenza dei conflitti nelle relazioni di lavoro è una espressione naturale dei contesti viventi attraverso la quale le relazioni umane possono migliorare la propria organizzazione relazionale e aprire nuovi orizzonti.

Partendo da questo nuovo punto di vista, che nasce da una epistemologia sistemica, in cui il conflitto sia inevitabile (il conflitto non è una patologia relazionale, ma è la relazione in se stessa) per arrivare alla considerazione che si possa intendere il conflitto anche come risorsa relazionale.

Il problema principale è distinguere tra conflitto positivo e conflitto negativo.

> Il conflitto positivo può condurre ad una crescita e al superamento di ostacoli: al pluralismo e al decentramento cognitivo dei partecipanti. Il conflitto positivo, da noi inteso come lotta e cooperazione, è quindi un tentativo di relazione autentica senza prescindere dal rispetto reciproco delle persone in cui ciascuno cerca “il proprio posto” (tra funzione e ruolo) per essere propositivo e attivo.

> Il conflitto negativo invece può portare all’anarchismo globale, alla cessazione dei rapporti, a tutta una serie di blocchi emozionali. Il conflitto da positivo diventa negativo quando avviene il passaggio dalle divergenze di idee agli antagonismi emotivi facendo aumentare l’aggressività verbale e non verbale. Si passa, quindi, alla contrapposizione a scapito della collaborazione, dal criticare le idee dell’altro ad attaccare la sfera privata dell’altro: l’avversario diventa perciò nemico.

Il conflitto interpersonale negativo può condurre a delle comunicazioni relazionali patologiche e paradossali tra i contendenti come ad esempio “il doppio legame” di Bateson, “la posizione insostenibile” di Laing, “il legame disperante” di Cigoli, “la disattenzione selettiva” di Sullivan, “la sottomissione involontaria” di Gilbert.

Il conflitto interpersonale sul luogo di lavoro quindi dipende da una molteplicità di fattori: la strategia degli attori, la loro personalità, la loro mentalità, il livello di istituzionalizzazione del conflitto nel contesto aziendale ed infine la cultura organizzativa.

La qualità delle relazioni partecipa alla definizione del clima e dell’architettura organizzativa, della operatività e della “voglia di fare” nelle Organizzazioni; è sempre più necessario, dunque, sviluppare una buona capacità di gestire i conflitti che possono determinarsi nei contesti lavorativi.

Nell’ambito lavorativo sono numerose le situazioni di potenziale conflittualità: tra le parti sociali dell’azienda (direzione, rappresentanti dei lavoratori, sindacati, singoli lavoratori), all’interno dei singoli gruppi di lavoro, tra azienda e cliente eccetera. Il conflitto quando non trova sfogo crea danni gravi, rallenta l’attività e la qualità della prestazione diminuisce insieme alla motivazione, porta a vertenze giudiziarie lunghe e inutili ed è sempre più causa di burn out e del grave fenomeno del mobbing, mentre la sofferenza provata sul luogo di lavoro si riverbera anche nella vita privata e sociale.

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